Chiesa di San Valeriano

La chiesa di S. Valeriano faceva parte di un antico priorato cluniacense del sec. XI. La grandiosità della sua struttura è indice dell’importanza della sua funzione sulle rotte europee per la Francia ed il Nord – Europa ed in senso inverso per Roma, la così detta “via francigena o romea”. Ricco di donazioni terriere imperiali e feudali, il monastero con tutte le sue strutture, doveva garantire gratuitamente sosta e ristoro materiale e spirituale, ai messi imperiali e papali. Più volte fu saccheggiato dalla soldataglia dei vari eserciti che si combattevano. Anche la chiesa fu sacrilegamente violata e distrutta nel corso dei secoli come dimostra l’incisione leggibile sull’ultimo pilastro a destra che recita: “1216 1 die… septeb fuit destructo monaster….”. L’interno è a tre navate e il suo schema planimetrico riflette il disegno a croce latina. Comparata ad altre similari costruzioni in Piemonte ed in Lombardia, riflette un disegno tardo romanico lombardo sia per il modello a “sala”, che per la facciata riconducibile alla tipologia “a schermo” come ad altri fondamentali canoni architettonici del romanico classico. L’apparato monastico è totalmente cancellato e non ne rimane traccia alcuna, come dell’esistenza del campanile, ancora ricordato in carte dei sec. XVII. Non soggetta alle autorità ecclesiastiche locali e diocesane per la nota autonomia cluniacense, rifiutò parecchie volte le visite pastorali dell’ordinario. Declassata in Comenda dopo la crisi della Casa Madre di Cluny e passata in proprietà laica, questa non si curò più della sua manutenzione, ritenendo superato il suo destino primario di luogo sacro. Fu divisa in due piani con scala esterna d’accesso e utilizzata come deposito e magazzino. Non porta tracce d’affreschi se non qualche medaglione nell’incrocio dei cordoli di volta in cui si legge la figura di un vescovo che potrebbe essere quella del Santo titolare, S. Valeriano. Questo Santo, vescovo di Abbenza (Tunisia), morì nella persecuzione di re Genserico nel 460. I cristiani, all’epoca dell’invasione musulmana, ne portarono la salma, con quella di S. Agostino, prima in Sardegna e poi a Pavia. Qui rimasero i resti del Santo Dottore; quelli di S. Valeriano vennero inviati a Robbio. La chiesa, diroccata nella parte absidale, è stata resa officiabile con la chiusura operata a termine delle navate e utilizzando lo spazio disponibile per le funzioni sacre.